IL VIAGGIO di Maribel Plume. Primo Livello Adulti. Corso di scrittura online

IL VIAGGIO
di Maribel Plume
Primo Livello- Corso Adulti

“Cosa sto facendo? Dove sto andando? Sto forse incamminandomi verso il reparto di psichiatria più vicino?
Avevo un lavoro. Ok non era un granché, ma mi consentiva di pagare le bollette a fine mese. Avevo anche un piccolo monolocale.
Conducevo una vita apparentemente normale…
Mi sono licenziata. Ho venduto casa.
Oddio cosa ho fatto!
E perchè? Per racimolare più denaro possibile in un progetto delirante.

… Eppure io li vedo, sono reali…”

Questi e altri pensieri rimbalzano, senza sosta, nella testa della giovane Marta, mentre il traghetto, su cui è a bordo, si allontana lentamente dalla sponda.

Il cellulare l’avvisa dell’arrivo di un SMS.
Marta s’impone di non leggere il messaggio. Spegne il telefonino e lo ricaccia in fondo alla borsa.

Un senso d’irrequietezza opprimente le toglie il respiro, il cuore a mille.

Marta s’impone di stare calma.
Inspira. Espira. Inspira. Espira
Un respiro dopo l’altro le pulsazioni tornano alla normalità.
La mente rielabora, come in un montaggio a catena, gli ultimi avvenimenti.

Tutto aveva avuto inizio con la rivelazione di Giacomo.
“Forse non ti amo più”. Queste semplici parole le avevano scatenato, interiormente, una serie di esplosioni a catena.
I tunnel oscuri che, nel corso degli anni, si erano scavati nell’anima di Marta, improvvisamente, si collegarono e il crollo fu inevitabile.

Le pareti del suo castello che, seppur in mezzo a tremendi cigolii, avevano retto, di colpo, crollarono.

Una serie di scelte sbagliate, per far fronte alle esigenze della vita, l’avevano allontanata, così tanto, dalla sua vera natura, che lei stessa stentava a riconoscersi.
Non amava più la compagnia degli amici, tutto le pesava.
Aveva l’impressione di vivere in un paese sconosciuto, con regole a lei ignote e assurde.
Ogni cosa era come se fosse creata per estirparle le ultime risorse di energia.
Non sapeva più chi era, cosa voleva.

Come incolpare Giacomo di non amarla più, quando lei stessa aveva smesso di amarsi da tempo.

Senza riferimenti, Marta era eternamente stanca.

Come una barchetta di carta, in balia delle onde, man mano che si bagna, affonda, anche lei in balia della vita, colpo dopo colpo, affondava in un mare di frustrazione.

Inerme, totalmente incapace di muoversi.
Come un burattino, senza burattinaio che tira i fili, non era nemmeno in grado di alzare la testa.

Un giorno si era imbattuta, quasi per caso, in un vecchio scatolone polveroso, nascosto sopra l’armadio color avorio della sua camera da letto.
Una scritta campeggiava sul coperchio “COSE INELIMINABILI”.

Marta incuriosita l’aveva aperta.

Una coppia di buffe vecchie ciabatte, con tanto di pon pon sulla punta, erano state la prima cosa che aveva visto.
Sotto la suola, una scritta, sbiadita dal tempo, riportava
“Partita di calcio delle grasse contro le magre”.
Nella mente di Marta apparve la scena di una partita di calcio tra due squadre femminili,  LE GRASSE CONTRO LE MAGRE.
Le prime rappresentate dalle nonne, mentre le seconde dalle giovani nipoti.
Che partita esilarante.
Incredibile a dirsi; nonostante le magre avessero più fiato, la mole delle grasse (insieme al rispetto a loro dovuto, data l’età) aveva fatto sì che fossero queste ultime a vincere e la migliore giocatrice era stata proprio la  nonna di Marta. Quelle ridicole ciabatte erano state il suo premio.
Marta ogni volta che le vedeva rideva a crepa pelle; questo era stato il motivo per cui la nonna gliele aveva donate, tempo prima, in un momento di sua profonda tristezza. Come aveva fatto a dimenticarsele?

Sotto alle ciabatte una serie di quadernetti, rilegati in svariati modi.

Marta li aveva  osservati incredula.
Quelli erano i suoi diari!
I suoi diari segreti.
Si era soffermata a leggere alcune pagine.

In un racconto in cui aveva circa nove anni, scriveva così:

Martedì 2 giugno 1982
Caro diario,
ti voglio raccontare quello che ho visto rovistando nei cassetti della mia nonna. Devi sapere che mia nonna abita in una vecchia casa e come tutte queste case ha una soffitta.
Mia nonna, non vuole che io salga, perchè il pavimento è pericolante e non solo esso, ma anche tutta la stanza comprese le scale.
Un giorno, io e mia cugina prese dalla curiosità siamo salite e meraviglia delle meraviglie sai cosa abbiamo visto?
C’erano dei grossi bauli molto belli, un grande cassettone con uno splendido specchio, tante scatole con dentro vestiti, collanine, soprammobili e qua e dei graziosi topini.
Io e mia cugina siamo entrate, senza obbedire alle famose raccomandazioni della nonna, abbiamo cominciato ad aprire i vari bauli e le scatole. C’erano moltissimi vestiti, perciò prima con un po’ di timore poi con il cuore pieno di felicità, abbiamo indossato quei magnifici vestiti. Io ho dato una  spolveratina allo specchio e via.nel mondo della fantasia.
Poi una voce allegra ci ha riportato nel mondo della realtà. Era mio cugino che ci chiamava per giocare. Io e mia cugina abbiamo messo tutto a posto e abbiamo deciso di non dire niente a nessuno della soffitta. Tutto era sistemato, stavamo scendendo quando…

BIM BUM BAM

per sbaglio avevamo messo i piedi nel buco che una volta veniva usato per gettare il fieno nella stalla sottostante. Con una velocità tremenda, senza saperlo, ci trovammo nel fienile. Eravamo spaventatissime, poi però nel guardarci e vedendo le nostre facce siamo scoppiate in una grandissima risata.
In un altro:

Sabato 24 aprile 1982
Caro diario,
oggi ti parlerò dei miei libri di scuola. Devi sapere che non gli sono molto affezionata, perchè se mi dimentico di studiarli, mi rischio una bocciatura completa.
Loro invece sono molto buoni, perchè mi sopportano sempre, senza fare sbuffi e lamenti.
Sanno molte cose e me le insegnano volentieri.
I libri non sono persone, ma talvolta sanno più cose di una persona vera e propria, come ad esempio di me.
Ricordano tutte le date e tutte le cose che ci sono e che sono esistite.
Sono molto docili e si fanno leggere.
A pensarci bene io voglio molto bene ai libri e spero che tutti abbiano occasione di leggerne almeno uno.

Quanta vita in quelle righe scritte con una stilografica blu, dal colore ormai scolorito.

Che bei tempi quelli. Ricordava ancora la serenità della sua infanzia.
In inverno, durante le vacanze natalizie, era solita fermarsi a dormire dalla nonna con i suoi cugini. Alla sera, accoccolati sul divano, al tepore emesso dalla stufa a legna, e con il profumo delle bucce dei mandarini, che si abbrustolivano sulle spire, ascoltavano con adorazione le favole della nonna, da cui ognuno traeva insegnamento.

Marta invidiava la capacità della nonna di utilizzare le parole. Era sempre in grado di alleviare le pene e di farti sorridere.
Sperava da grande di possedere lo stesso dono. La nonna le aveva consigliato di leggere e di scrivere e i diari che aveva di fronte a sé erano la prova del suo impegno.
Attraverso la scrittura, Marta sintetizzava, con ordine, ciò che la vita, di volta in volta, le proponeva; scartando ciò che le era inutile e conservando ciò che invece le sarebbe servito, per crescere forte e saggia.
Come un’enorme biblioteca Marta racchiudeva in sé ordinatamente tutte le informazioni necessarie.

Negli ultimi anni, il ritmo serrato a cui era stata sottoposta non le aveva più consentito di mantenere l’abitudine della scrittura.
La biblioteca, da cui la sua anima traeva forza e ispirazione da bambina, così ordinata allora, si ritrovava ingolfata da una serie di dati, non elaborati, incasellati a casaccio e Marta in preda al caos non riusciva ad attingere forza dalle sue risorse interiori.

Giacomo se ne era andato e il suo lavoro le pesava ogni giorno di più.

Una sera, al rientro da una delle sue estenuanti giornate lavorative, aveva provato un desiderio incredibile di scrivere.
Armata di notes e penna, si era seduta sulla sua unica poltrona a quadri scozzesi posta in prossimità del caminetto.

La vita iniziò a scorrere nuovamente a lei. Un’energia incontenibile la riempì tutta e alla fine esplose. Marta iniziò freneticamente a scrivere.
I pensieri, caoticamente compressi nell’anima, per così tanto tempo, altrettanto caoticamente fuoriuscirono e Marta non può fare a meno che trascriverli, ovunque. Brandelli di carta igienica, bordi di giornale, tovaglioli di carta, sacchetti del pane, tutto andava bene per fissare un pensiero o una storia.

Marta aveva la convinzione che, una volta trascritte tutte le informazioni costipate disordinatamente, avrebbe avuto gli strumenti per comporre, come in un puzzle, i pezzi della sua esistenza.

Le frasi però erano tantissime e non sempre il loro significato era chiaro. Anzi a volte rappresentavano dei veri e propri enigmi e Marta non sapeva spiegarsi l’esigenza di scriverli, comunque.

Ad un certo punto era successa una cosa incredibile. Le frasi scritte iniziarono a comporsi e a creare dei personaggi, in  carne e ossa agli occhi di Marta, completamente invisibili agli occhi degli altri.

Parlavano continuamente, ininterrottamente uno sopra l’altro senza rispettare nessuna precedenza. Ognuno raccontava la sua storia e voleva avere la precedenza sugli altri.
Marta a volte aveva riconosciuto in quei racconti sia stralci della sua vita, sia esperienze vissute da amici o da parenti; altre volte le rammentavano film, racconti di libri o di cronaca che in un qualche modo l’avevano coinvolta.

C’era una tale confusione.

Marta cercava di dare voce ad ognuno di loro. Ma c’era un tale frastuono.

C’era il sig. Frattilus che raccontava i suoi viaggi nel tempo, insieme alla nipote Net.

C’era una bambina, di cui Marta non conosceva il nome, che cercava la sua mamma.

C’era Rodolfo che, nonostante fosse pienamente soddisfatto dal punto di vista professionale, si sentiva così solo.

C’era Luisa che, ogni volta che stava per raggiungere la felicità, buttava tutto a gambe all’aria, perchè incapace di sopportare la tensione.

C’era poi la serie dei personaggi immaginari. Alcuni erano buoni e volevano narrare le loro storie a beneficio dei più piccoli altri erano terribili e Marta ne era terrorizzata.

Nemmeno alla notte riusciva a riposare, perchè spesso le apparivano anche in sogno.

Marta decise di organizzarsi dando ad ognuno di loro un appuntamento ad un orario concordato.

Alle 8,00 Rodolfo
Alle 10,00 Luisa e così via…

Il guaio era che le storie accumulatesi nella testa di Marta erano davvero tante, per non dire troppe, e lei per poterle scrivere aveva bisogno di tempo.

Ecco il motivo del licenziamento e della vendita della sua casa.

Ecco il perchè delle decisione di trasferirsi a casa della nonna, da poco mancata. Con i soldi ricavati dalla vendita della casa avrebbe avuto l’autonomia finanziaria sufficiente per dedicarsi esclusivamente alla scrittura di tutte le storie compresse dentro di lei.

“Ok, adesso che ho riordinato i miei pensieri, forse non è così demenziale , la mia decisione di andare a vivere a casa della nonna, una domenica mattina, alla vigilia delle feste natalizie” con questo pensiero Marta, intorpidita dal tepore e dal rollio del traghetto, con lo sguardo perso tra le acque del lago e gli abeti della costa appena imbiancati dal rigore dell’incedere dell’inverno, si addormenta stremata.

Il taxi, una vecchia Austin FX4 nera, imbuca un maestoso viale alberato.
A bordo un’anziana signora di nome Angelina ammira i colori dell’autunno. Una gamma esplosiva di giallo, rosso e arancione padroneggia quello che fino a poco tempo prima era il regno del verde, che timidamente ancora resiste punteggiando le foglie in alcuni punti.
Un desiderio irrefrenabile assale Angelina.
“Per favore, si fermi un attimo”
Il taxista, un vecchio uomo di colore, ormai avvezzo alle bizzarrie dei suoi passeggeri, lentamente accosta l’auto nei pressi di un grande platano.
Un tappeto di foglie colorate si estende da quel punto fino all’ingresso di un grande parco, per poi scorrere oltre.
Angelina lentamente apre la portiera e altrettanto lentamente scende dall’auto.
Una brezza improvvisa solleva le foglie facendole vorticare nell’aria e intraprendendo una meravigliosa danza.
Angelina, sentendosi il cuore leggero tipico di quando era bambina, inizia a correre nel manto colorato volteggiando come una farfalla. Poi, con il cuore in gola per il grande affanno, si china, riempie la sua borsetta di quante più foglie possibili e con calma ritorna al taxi.
“Grazie, adesso mi può portare a destinazione”

Lo stridio di un gabbiano lontano sveglia improvvisamente Marta.
Sono le 7,30. E’ in viaggio da mezz’ora. Manca ancora un’ora all’arrivo.
Come spesso le accade al momento del risveglio, volti e nomi, così chiari nella fase del sogno, si offuscano, perdono consistenza come in un disegno all’acquarello.  Ricorda una vecchia signora. Il volto è avvolto nella nebbia del sogno, senza lineamenti, eppure il ricordo dona a Marta una serenità intensa, inspiegabile.

Il traghetto attracca in una fermata intermedia. Uno scambio di passeggeri, c’è chi sale, c’è chi scende.
Marta li osserva distrattamente, la mente lontana.
Due ragazzi, seduti accanto a lei, stanno discutendo di politica locale, mentre qualche fila più avanti, due ragazzine parlottano sommessamente. Dalle risate cristalline, Marta immagina che si stiano scambiando confidenze amorose.
All’esterno, sulla prua, un uomo e una donna non più giovani si abbracciano. Quanta tenerezza, quanto amore traspare da quei semplici movimenti rallentati dall’età. Marta ne è commossa.

Sulla sponda del lago due giovani lepri si rincorrono. Il suo pensiero segue il tragitto punteggiato, che le piccole bestiole hanno tracciato nel  candore delle sponde innevate.

Il tempo scorre, avvolto nella nebbia mattutina, tipica delle fredde giornate invernali.

Il traghetto rallenta il suo incedere. Marta guarda l’orologio.
8,25 la sua fermata.

Con calma si alza, prende le valigie e si dirige verso l’uscita.

Estrae il telefonino dalla borsa e lo accende.
Una serie di suoni la informano dei messaggi ricevuti.
Sono tutti di Giacomo.

Compone il numero
“Ciao Giacomo”
“Ciao Marta, ma dove sei finita? Credevo di impazzire. Mi hanno detto che ti sei licenziata e che hai venduto  casa. Ho bisogno di parlarti. Ho bisogno di vederti. Devo chiederti scusa e lo farò fino a quando non avrò avuto il tuo perdono. Come ho potuto dirti quelle cose. Non me lo spiegare. Tu che sei la parte più bella di me. E’ come se avessi avuto bisogno di distruggerla per potere ritrovare me e per poter ritrovare te. Credi che abbia un qualche senso quello che sto cercando di dirti?”
“Sì, in maniera diversa è successa la stessa cosa a me ….” risponde Marta.
“… avrò la possibilità di incontrarti a breve?” chiede timidamente  Giacomo.

Marta riflette, si interroga silenziosamente sulla sua capacità reale di accoglierlo nuovamente. Sì adesso può, adesso è padrona della sua vita. Quindi, dopo un attimo di silenzio, aggiunge “ti ricordi quando ti raccontavo delle  vacanze invernali a casa di mia nonna?”
“Certo, ho sempre desiderato respirare l’atmosfera che mi descrivevi”
“Bene, se vuoi raggiungermi e lì che sono diretta”
Giacomo non parla, ma la tensione iniziale è ormai scemata, con entusiasmo le dice “Fra una settimana è Natale, se non è troppo presto potrei essere da te già alla vigilia …”
“Ok, verrò a prenderti al porticciolo. A presto…”

Marta riaggancia il telefono, la sua vita inizia a ricomporsi.

Nel frattempo il traghetto attracca.
Tra la folla Marta scorge una vecchia signora dall’aria familiare, le sorride.
Un brivido attraversa il corpo di Marta.
Un fiume di lacrime inizia a scorrerle sul viso.
E’ sua nonna.
La sua nonna.

Porta con sé una borsa piena zeppa di foglie colorate.
Improvvisamente Marta ricorda il sogno fatto all’inizio del suo viaggio.
Una vecchia Austin guidata da un uomo di colore.
Un’allegra ragazzina attempata che corre e danza tra le foglie di un grande parco.

Angelina aspetta che Marta le si avvicini, il suo sguardo colmo d’amore  ricopre, come una calda coperta la nipote attonita.

Marta non riesce a parlare le lacrime continuano a sgorgare e un nodo alla gola le blocca qualsiasi suono.

Poi respira profondamente e con la voce strozzata dall’emozione contempla la sua meravigliosa nonna, quanto le è mancata.

“Ciao nonna. E’ stato bellissimo vederti nel parco immersa nei colori caldi dell’autunno” le dice accarezzandole teneramente il braccio.
“E’ il parco in cui mi sono innamorata di tuo nonno.
Quei colori mi hanno riscaldato per tutta la vita. E ora voglio donarli a te.
Posso rimanere per poco, il taxi mi sta aspettando. Pensi di avere tempo per me?”

“Sempre” risponde Marta piena di riconoscenza, sa che ora, con l’aiuto della sua nonna, tutto andrà per il verso giusto.
Sorridendo la prende timidamente per mano e dice: “è meglio affrettarci, non resteremo sole a lungo; sai la tua casa sarà piuttosto popolata, nei prossimi giorni…”
“Lo so bambina mia” risponde la nonna. Poi accarezzandole dolcemente i capelli, come quando era piccola aggiunge “Vieni il viaggio è stato lungo e tutte e due ci meritiamo una buona tazza di the.”

6 pensieri su “IL VIAGGIO di Maribel Plume. Primo Livello Adulti. Corso di scrittura online

  1. Avere la forza di cambiare vita, ripartendo dal proprio passato… sembra quasi un controsenso; e invece è un sogno bellissimo che ti auguro di riuscire ad afferrare al più presto.
    Aspetto il prossimo racconto…!

  2. Il racconto è molto ben scritto, si fa leggere con interesse , risulta piacevole, garbato..Lascia intravedere un mondo di affetti delicato. Brava Maribel Plume!

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