Incontrando Vanna De Angelis

Vanna De Angelis prima di cominciare ci tenevo a ringraziarla per essere nostra ospite. Proprio ora che sto preparando l’intervista ho il suo ultimo romanzo, gelosamente, accanto a me: La bambina del bosco degli elfi edito Piemme.

Una storia davvero emozionante, ricca di colpi di scena, di personaggi indimenticabili pur privi di nome, ricca di magia, di dolore, di crescita e ricerca.

Le va di raccontarci come e quando ha preso vita questa storia?Quando è sorta la consapevolezza di volerla raccontare con carta e inchiostro?

Le cose sono andate così. Da quando ho iniziato a scrivere, non mi è mai venuto in mente di scrivere una autobiografia e mai quindi di scrivere in prima persona. Ho iniziato subito con un romanzo storico e sono andata avanti così, tra romanzi storici, saggi storici e di nuovo romanzi storici o i miei tre fantasy per ragazzi. Arrivata alle soglie del mio diciannovesimo libro, il mio editore mi propone di scrivere una storia sui tempi attuali. Ci penso su e infine gli propongo la storia di un uomo di grande successo che va del tutto a picco…mi sembrava molto attuale, oggi tutti hanno paura di finire sul lastrico. E all’editore preciso che conosco molto bene questa vicenda perché questa è la storia di mio padre. Pensavo di scrivere la storia in terza persona, come i romanzi precedenti, come si dice: di fare il narratore esterno. L’editore mi propone invece di scriverla in prima persona come vista da me bambina. Beh, ci ho impiegato un po’ a accettare questa prospettiva. Ho dovuto lavorarci molto per pormi nel distacco di chi osserva… scrivere in prima persona? Non facile. Quanto a metterci il cuore questo non era un problema, in tutti i miei romanzi ho messo il cuore, se no come fa poi uno a leggerli se tu non ci sei dentro? Poco per volta è nato il romanzo, la bambina che vede la vicenda di quest’uomo terribile e straordinario mi ha, per così dire, travolta… ed è nata, come mi dicono tutti, una storia indimenticabile. Il mio diciannovesimo romanzo appunto.

Nel romanzo si percepisce il potere dell’immaginazione e dell’incanto, quanto queste sfumature vivono nel suo sguardo rivolto sul quotidiano?

Immaginazione e incanto. Se non mi accompagnassero ogni giorno mi sentirei con le spalle al muro. Con questo, che reputo un dono eccezionale, mi muovo nella ma quotidianità sfuggendo al grigiore dell’abitudine, al grigiore del tutto scontato, della noia se si ritengono le cose della giornata sempre uguali… eccetera. Non c’è come guardarsi intorno con curiosità, attenzione – aggiungiamo anche un po’ di sano humor – per vivere ogni giornata come una giornata assolutamente speciale. Un’avventura. Inoltre, come fare a fare il mio lavoro, e non parlo solo della scrittura, se non avessi ricevuto in regalo il dono dell’immaginazione e dell’incanto?

Come scrittrice lei è assolutamente versatile; in grado di spaziare, con eccellenza, dai romanzi e saggi storici alla narrativa fantasy, ma nella sua scrittura qual è il filo che accumuna tutto?

Il filo che accomuna ogni vicenda è il tema della diversità. È questo che mi interessa, questo che seguo. In ogni mia opera narro le vicende di un “diverso”, di qualcuno che lotta, patisce, infila errori e eroismi nel vivere un se stesso diverso dagli altri, un se stesso del tutto particolare e in contrasto con il contesto. Così i personaggi dei primi romanzi, ma anche le amazzoni, poi le donne accusate di stregoneria, e il medico che finisce per fare il gladiatore nell’epoca romana, e i protagonisti dei miei fantasy, fino a mio padre appunto, che in tempi che avevano un certa connotazione è andato proprio controcorrente… lui e i personaggi che lo circondano, un destino drammatico e con un gran colpo di scena finale.

Cosa rappresenta, per l’appunto, la scrittura per lei?

E’ l’isola del tesoro, dove il tesoro non sono ovviamente i soldi ma ben altro! La scrittura è un isola ricca di avventure, di emozioni, di pensieri e riflessioni, di domande, tante domande che sono molto più importanti delle risposte… rispondere è facile, il difficile è domandare e domandarsi, secondo me. È un’isola dove certe volte è difficile approdare, e quando ci arrivi nelle tua solitudine felice, entri in un mondo di eccezionale intensità.

E come scrittrice come si definisce?

Più che scrittrice mi definisco una accurata e tenace narratrice. C’è differenza. Secondo me gli scrittori sono Saul Bellow, Kipling, Tolstoi, Flaubert… insomma, una cosa è essere scrittori e rendere quello che si scrive denso di luce, una cosa è essere narratori e raccontare. Certe volte un narratore riesce a essere anche scrittore… penso che mi si accaduto con il mio ultimo romanzo, questo della bambina del bosco degli elfi. Lì dico cose che vanno oltre il narrare.

Se per un giorno potesse vivere una magia; avere la possibilità di diventare il personaggio di un libro e vivere la sua di avventura. Un libro scritto da qualcuno che non sia lei. Su quale personaggio ricadrebbe la sua scelta? E perché?

Sono incerta tra Alice (quella del paese delle meraviglie) o un personaggio maschile, uno diquegli eroi che combattono per un ideale di giustizia, che combattono per la libertà degli altri e propria, da Leonida in poi, insomma. Ce ne sono molti. Alice per passare di stupore in stupore nelle meraviglie dell’immaginazione. L’altro personaggio per vivere da un’avventura all’altra sostenuta da un robusto ideale. O anche essere un esploratore. Oppure Ulisse, perchè no?

Il Bosco degli elfi. Come potremmo spiegare questo luogo magico e reale ai nostri lettori?

È il luogo della fantasia e dell’immaginazione, è la porta per sfuggire alla banalità e allo sterile conformismo, è il luogo in cui attingere energie e coraggio necessari per lottare contro la banalità e il conformismo.

Emma, uan dei personaggi del del romanzo, insegna molto all’attento lettore, cosa ha lasciato nella mente e nel cuore della sua “creatrice”?

L’indimenticabile Emma di cui racconto è l’insegnante di pianoforte che non è creato io come autrice ma che fa parte della realtà della mia adolescenza. È una figura che al cuore e alla mente regala calore di affetto e di vicinanza, di passione per la musica e quindi per la vita, e poi coraggio e capacità di reggere i colpi dell’avversa fortuna, come si dice.

House of books è molto curioso. Possiamo chiederle se al momento sta lavorando al prossimo libro?

Sì, eccome! Come si fa a vivere senza scrivere? Si tratta di un romanzo ancora una volta di tempi contemporanei, molto coinvolgente e molto appassionante. Un romanzo sempre sulla diversità e su un tema scottante, molto dolore e molta avventura e molta vita. È una storia vera.

La bambina del bosco degli elfi di Vanna De Angelis

TRAMA, LA BAMBINA DEL BOSCO DEGLI ELFI.

La grande villa immersa nel parco smisurato. Il giardiniere sadico. I domestici spia. Le governanti che cercano di infilarsi nel letto del padrone di casa. Una madre di incredibile bellezza e freddezza. Un nonno in sedia a rotelle nella sua casa-castello traboccante di preziose porcellane. Una nonna salutista che tuffa i nipoti nei torrenti ghiacciati. Il coccodrillo che vive sotto il letto. Il fantasma – ma chi sarà mai veramente? – che abita in soffitta. Un muro invalicabile che divide il mondo degli adulti da quello dei bambini.

Gli occhi di una bambina ricostruiscono la vicenda della rovinosa caduta di una famiglia alto borghese, che racchiude – senza mai mescolarle – origini ebree e cristiane, tedesche, russe e italiane.

Su tutto, su tutti, l’enorme, ingombrante figura del padre. Uomo di smisurata cultura e dalla smisurata biblioteca. Uomo d’affari. Dirigente del CLN, la sua firma su storici documenti della resa nazista. Le sue fiabe. Le sue collere. Le sue amanti nessuna amata, a parte Gersemy, dalla parrucca di fili d’argento. La sua abilità di pianista. La sua predilezione per il primogenito che lo disprezza segretamente per averlo sorpreso mentre calava le mutande alla cuoca. Un figlio illegittimo che si sarebbe trasformato in statua d’angelo. I suoi deliqui. Le sue sbronze. Napoleone, suo dio e suo demone. Il suo coraggio.

La vendita di un prezioso pianoforte a coda dà il via alla discesa verso quello che ogni volta sarà ridefinito «il nero abisso».

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