LA CASA DEI MISTERI di Vittoria Batavia ( i racconti dei corsi on line)

LA CASA DEI MISTERI di Vittoria Batavia

Corso Bambini – Primo Livello

Elize sbatté con furia l’anta dell’armadietto, che protestò cigolando.
“Un giorno o l’altro si rompe“, esclamò Agnes, la sua graziosa amica che se ne stava due armadietti più in là.
Elize proprio non la ascoltò. Era colpa sua, e lo sapeva, se le avevano rifilato l’ennesimo cinque di storia, ma…la prof interrogava sempre lei! E poi ci si mettevano anche Kate, Stefania e il loro seguito ghignante: Elize proprio non le sopportava.
Proprio mentre ci pensava, le due Miss Popolarità e la sorellina di Kate, Beth, passarono nel corridoio con aria di superiorità, portandosi dietro un’ondata di quel loro nauseante profumo Sensuality. Elize fece in fretta, afferrò i libri di francese e algebra e intercettò la camminata da pop star delle due, frenandone l’avanzamento nel corridoio.
“Che vuoi?”, chiese Stefania scostandosi con finta noncuranza una ciocca bionda dal viso.
A Elly era venuta un’idea, non ne poteva più dei soprusi di quelle due, e poi era una stupidaggine da bambini, suo fratello ne parlava da tempo. “Vorrei proporvi una cosuccia”, disse con lo stesso tono falso e mellifluo di Stefania, “ovvero andare nella vecchia casa Cronwell, vicino al bosco. Avete il coraggio di…farci una visitina?”.
Tutti quelli che stavano passando nel corridoio si fermarono ad ascoltare, avevano colto tutti le parole di Elize che, dal canto suo, si trovò con un’aria soddisfatta dipinta in volto: Stefania era impallidita, e Kate le strattonava una manica come una bambina: “Dille di sì, Stefy, dille di sì!”, Stefania riprese colore e un’espressione strafottente e presuntuosa, “certo, che roba da bambini…ti sei rimessa a sentire le storie di fantasmi dalla mammina, Elize?” – poi fece una pausa “ad effetto”, falsa e impostata come nei film, e proseguì, “domani pomeriggio, alle sei, bambinetta. E se te la fai sotto portati dietro l’amica”. Poi rise sprezzante insieme a Kate, mentre si allontanavano nel corridoio, il rumore dei tacchi più sonoro che mai in mezzo alla calca di studenti ammutolita.

***

Elize e Agnes arrivarono qualche minuto dopo Stefania e Kate, seguite da una folla di ragazzi della scuola.
Si fermarono tutti ai piedi della collina: gli altri ragazzi perché non avevano il coraggio di proseguire, le quattro ragazze perché dovevano decidersi sulle regole della sfida. Elize e Agnes si fermarono davanti alle altre due ragazze. “Orologi sincronizzati: mezz’ora là dentro e poi usciamo “, disse Stefania, “sempre che voi due bambolotte non ve la facciate sotto prima”. E giù a sghignazzare con Kate.
Elly, però, non aveva nessuna voglia di scherzare: “Stefania, fai veramente ridere e la sfida che hai proposto è da poppanti. Io dico un’ora, a meno che dopo un quarto del tempo voi due non siate già schizzate fuori urlando come oche”.
“E un’ora sia”, esclam Kate, “vince chi resiste per tutto il tempo dentro, ma per noi sarà veramente un giochetto”. Elize ficcò le mani nella tasca del giaccone e seguì Agnes su per il dolce pendio della collina.
La casa dei misteri, così come la chiamavano tutti, era in cima, sul punto più alto. Aveva un aspetto inquietante già da fuori: non sembrava vecchia e decrepita ma appena costruita e abbandonata. Le finestre erano sbarrate con assi marce e chiodi arrugginiti, ma i cardini erano argentati e lucidi. Il portone di legno dimostrava tutti i suoi secoli, però incuteva ancora timore col battacchio a forma di lupo.
“Ci sono cento stanze e cinquanta scaloni giganti, con una botola a ogni gradino che può farti sprofondare negli abissi”, pensò Elly con un groppo alla gola, fissando la casa e ricordando le parole del fratello – nelle camere i fantasmi dei vecchi abitanti dormono nei letti – “Sono stupidaggini, roba da bambini. Stefania e Kate perderanno”, si rassicurò cercando di non avere paura. Poi, mano nella mano con Agnes, spinse il portone che si aprì emettendo il rumore più sinistro e spaventoso che essere umano avesse mai udito.
Elly e Aggy balzarono indietro spaventate, mentre Stefania e Kate se la ridevano contente.
Appeso su un gancio sulla parte superiore della soglia, c’era uno spettrale fantoccio fantasma. Era un vecchio lenzuolo dipinto con gli acrilici, uno scherzo di quelle due vipere. Elly sbuffò e rise: “E’ tutto quello che sapete fare?”. Kate si girò e fece una linguaccia, poi entrarono e richiusero il portone vedendo l’ultimo sbuffo di luce scomparire dietro il legno scuro.
“Agnes, ci sei?”, chiese Elize cinque secondi dopo.
“Sì, sono qui…c’è pochissima luce”, sussurrò Agnes spiegando che le altre due erano andate verso destra.
“Allora noi prendiamo quest’altro corridoio. Se troviamo una stanza dove poterci sedere ci fermiamo lì…seguimi”, Elize era decisa.
Si presero per mano e mossero qualche passo nel corridoio. La casa sapeva di muffa e sapone rancido, un odore dolciastro e vanigliato da vomito. Le assi del pavimento scricchiolavano ad ogni minimo respiro, e Elly si sforzò di non pensare ai topi. Aveva immaginato che quello fosse veramente un posto da bambini, ma non era così. Le veniva una voglia tremenda di urlare, urlare che voleva uscire di lì…ma sapeva di poterlo fare: Kate e Stefania avrebbero vinto.
Si trovarono quasi subito davanti a una scala mezza marcita, con un tappeto rosso bordato d’oro consunto e mangiato dalle tarme. Un tempo doveva essere stato bellissimo, rosso fuoco e splendente, ma ora era poco più di uno straccio appiccicato al legno. Elize sfiorò il mancorrente con mano incerta, quello vacillò e Elize si sentì sollevata in aria: aprì gli occhi e in un mare di luce accecante e violetta, vide in un lampo l’antico splendore della maestosa scalinata: il tappeto lustro e luccicante, l’oro dei bordi perfettamente coordinato.
Il mancorrente in legno era talmente lucido da sembrare marmo, e un lampadario di meraviglia indescrivibile troneggiava in cima più abbagliante di una palla da discoteca. Elize allungò una mano, ipnotizzata, ma crollò subito a terra, contorcendosi sul pavimento. Quando si mise a sedere, cercò la mano di Agnes accanto alla sua: “Cosa…cosa è successo? Hai visto anche tu?”, esclamò allarmata. Ma Elly si accorse di non avere stretto la mano di Agnes, ma un pezzo di stoffa sul pavimento. Lo avvicinò il più possibile agli occhi, in modo di vederlo il meglio possibile. Era una stoffa scarlatta e lucida, come dell’acqua limpida e pulita in un mare di petrolio. Elly doveva averla strappata quando aveva allungato la mano, ma com’era possibile? Quella visione non era reale, solo un brutto gioco dell’immaginazione. Elize raccolse il pezzo di stoffa  e si alzò in piedi: magari Agnes aveva proseguito credendo che lei la seguisse, mentre era lì tra le sue fantasticherie…e, guardandolo bene, si accorse che in fondo quella stoffa non aveva niente di speciale. Era un po’ meno consunta di quella del tappeto, questo sì, ma dimostrava lo stesso una certa età.
Corse su per la scala e chiamò Agnes per un po’, poi, senza nemmeno pensarci, si fiondò dentro la prima porta che aveva di fronte e fece cadere per terra la pezza di tessuto che aveva in mano. Nello specchio enorme e antico di bronzo che le stava davanti era riflessa l’immagine di…Agnes! E appena si avvicinò, la figura trasparente di una ragazzina spuntò fuori dal muro. Aveva i capelli rossi e a boccoli, acconciati in modo perfetto, e un vestito verde polvere molto all’antica, ancora con la crinolina. Elize avrebbe voluto urlare, ma non ci riuscì perché si accorse che quella ragazzina era identica a lei!
“Chi sei?”, chiese, rivolta alla sua sosia.
”So che è difficile crederlo, ma io sono un fantasma…e tu sei la mia pro-pro-pro-pro-pro-pro nipote. Tu sola hai il permesso di entrare in questa casa, è per questo che ho fatto prigioniera lei. Ce ne sono altre due, vero?”, disse la ragazza-fantasma.
“Ammettiamo che io ti creda, anche perché faccio fatica a pensare che sia uno scherzo della mia immaginazione, tu fluttui! Comunque, come ti chiami?”, domando esterrefatta Elize.
“Il mio nome è  Elizabeth”,  rispose, “e tu devi credermi, è vero quello che dico. C’è una…cosa, legata a questa casa, ma io non posso occuparmene, sono segregata qua…ed aspettavo il momento in cui tu saresti venuta, per affidarti questo compito. Ma prima devi andartene, e anche in fretta: non sono l’unica che abita qui.”
“Libera Agnes!”, disse Elly con aria di sfida.
“Lo farò, antenata, ma tu devi promettermi che tornerai…ho bisogno di te!”, supplicò Elizabeth.
“Va bene, tornerò appena mi sarà possibile…ma tu potresti farmi un favore?”, e così dicendo bisbigliò all’orecchio del fantasma alcune parole.

***

Dopo alcuni minuti Agnes ricomparve come se nulla fosse successo. Assieme a Elize si era messa sulla soglia della casa, mentre Kate e Stefania correvano via gridando come pazze: il fantasma aveva fatto ciò che Elize aveva chiesto. Le aveva proprio terrorizzate.
Era dunque ovvio chi aveva vinto la sfida!
Elly diede il cinque ad Agnes e, girandosi verso l’interno, fece l’occhiolino alla sagoma appena visibile di Elizabeth sussurrando: ”Tornerò…”

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